L’innovazione secondo Google: secondo te funziona?

Innovazione, Google, successo

Le aziende di maggior successo hanno compreso, da tempo, che l’innovazione non è più un optional, ma una necessità irrinunciabile.

Quali sono le strategie migliori o, se vogliamo, gli “ingredienti segreti” per rendere la nostra azienda più innovativa?

Non è sufficiente, ovviamente, riunire tutte le persone e dire: “Da lunedì dobbiamo essere tutti più creativi e promuovere l’innovazione!”. Mi sono sempre chiesto perché i cambiamenti importanti (così come le diete) debbano sempre iniziare di lunedì; a me, ad esempio, è molto più simpatico il mercoledì …

Per realizzare l’innovazione in azienda, lo sappiamo, è necessario agire su numerosi aspetti della realtà lavorativa:
– la leadership, che deve essere creativa, visionaria, ispirante;
– la cultura organizzativa, “open-minded”, capace di agevolare la comunicazione, la tolleranza verso ambiguità, l’assunzione del rischio;
– la valorizzazione delle persone, con percorsi di sviluppo delle “creative skills”, di delega delle responsabilità, di contribuzione attiva;
– l’ottimizzazione (continua) di prodotti, processi, modelli di business, ecc.

All’inizio del 2008 Malissa Mayer, allora vice-presidente di Google, aveva “svelato” i 9 principi che guidavano l’innovazione nella prestigiosa azienda di Mountain View, come, ad esempio, “innovation, not instant perfection”, “ideas come from everywhere”, “morph projects don’t kill them”, ecc. Qui trovi l’articolo originale: “Marissa Mayers’s 9 Principles of Innovation

Gopi Kallayil, chief social evangelist, ne propone una versione aggiornata: diamole un’occhiata.

1. Innovation come from everywhere

Questo principio è alla base dei team creativi e delle aziende più innovative. La gestione delle idee ( lo sostengo da tempo) non riguarda più un singolo settore, ma coinvolge tutte le persone dell’azienda.

L’innovazione è una responsabilità di tutti. I dipendenti di Google sono incoraggiati a cercare soluzioni innovative ai problemi che incontrano quotidianamente.

Dal motto dell’era industriale “Non siete pagati per pensare” stiamo passando, per fortuna, ad una diversa consapevolezza: “C’è una grande risorsa inutilizzata” – esorta Edward De Bono – “è il pensiero dei collaboratori … ed è persino gratuita!”.

Ciò che caratterizza le aziende eccellenti è proprio l’opportunità di avere, in ogni “angolo”, persone curiose, attente a notare gli elementi critici e pronte ad elaborare, e proporre, delle soluzioni innovative.

Spunti di riflessione:
– Cosa puoi organizzare (aperitivo, pitch-time, ecc.) per ascoltare le idee e le proposte creative delle persone che lavorano con te?
– Come potresti stimolare la partecipazione creativa dei tuoi collaboratori?

2. Focus on the user

Può sembrare scontato, ma ciò che decreta il successo di un prodotto o di un servizio è proprio la sua capacità di risolvere, in modo eccellente, dei problemi reali e quotidiani.

Le aziende, quando progettano un nuovo prodotto, possono avere la tentazione di focalizzarsi principalmente sul profitto, ma questa non si rivela mai una scelta vincente.

Centrare l’attenzione sul cliente (esigenze, user-experience, feed-back, ecc.) è la strategia migliore: “Create a great user experience” ricorda Kallayil “and the revenue will take care of itself”. Se ascolti i bisogni tuoi clienti e lavori bene, i guadagni arriveranno.

Ho analizzato alcuni di questi aspetti anche nel post “L’innovazione volante: il successo di Angry Birds

Spunti di riflessione:
– In che modo puoi conoscere ed esplorare le esigenze meno “evidenti” dei tuoi clienti?
– Come potresti migliorare l’ “esperienza” che i clienti hanno con il tuo prodotto o servizio?

3. Think 10x not 10%

Questo principio (uno dei nuovi introdotti) mi sembra un’esortazione davvero coraggiosa e stimolante: trova una soluzione 10 volte, e non solo il 10%, migliore di ciò che già esiste.

Quando un’azienda predilige una strategia di innovazione incrementale, tende ad introdurre dei miglioramenti (spesso “moderati”) nelle performance o nelle funzionalità dei propri prodotti. Questo garantisce, nel breve periodo, un ritorno economico piuttosto sicuro, anche se contenuto.

Le innovazioni radicali, invece, presentano un carattere di novità assoluta e rendono il “prodotto” completamente diverso da quelli preesistenti. Rappresentano una discontinuità rispetto ai miglioramenti incrementali e originano scenari inediti: nuovi prodotti, nuovi mercati e, a volte, nuovi settori industriali.

Se l’azienda opta per l’innovazione radicale, deve realizzare dei cambiamenti significativi in diversi ambiti (prodotto, modalità di utilizzo, catena di fornitura, clientela target, strategie di comunicazione, ecc.) contemporaneamente.

L’esortazione a pensare 10 volte più creativamente, che tradisce la propensione di Larry Page verso l’innovazione radicale, è proprio un invito ad uscire fuori dagli schemi, a generare soluzioni “divergenti” che aprano nuovi spazi di mercato.

Disruptive innovation” – ricorda Richard Branson – “is not a tactic: it’s a mindset

Spunti di riflessione:
– Quale prodotto o servizio innovativo e “scardinante” potrebbe realizzare la tua azienda?
– In che modo potresti stimolare i tuoi colleghi (o collaboratori) a pensare 10 volte più creativamente?

4. Bet on technical insights

Ogni azienda ha delle intuizioni e delle peculiarità uniche, se sceglie di scommettere su di esse, può ottenere dei grandi risultati. La caratteristica principale di Google, ovviamente, è la disponibilità di un’enorme quantità di “dati”.

Non è un caso che siano stati proprio gli ingegneri di Google, e le non aziende automobilistiche, ad avere l’idea di auto senza conducente.

“Tutto è iniziato con la notizia, riportata dall’Economist, che più di un milione di persone muore, ogni anno, per incidenti stradali, causati da un errore umano”, racconta Kallayil. “L’idea “scardinante” è stata: se rimuoviamo gli esseri umani, viaggiare in auto sarebbe molto più sicuro.”

Google ha sfruttato le conoscenze e gli strumenti in suo possesso (Google Maps, Google Earth, Street view, ecc.), ha avviato una collaborazione con l’Università di Stanford, per perfezionare le tecnologie di intelligenza artificiale, e ha dato vita ad un progetto di “self-driving car” rivoluzionario.

Spunti di riflessione:
– Quali sono le peculiarità principali della tua azienda?
– Quali nuovi modelli di business puoi avviare impiegando al meglio queste peculiarità?

5. Ship and iterate

L’innovazione, come ammoniva anche la Mayer, non significa mai perfezione immediata. Google sceglie di lanciare, velocemente, un nuovo prodotto e di raccogliere il feedback degli utenti per migliorarlo.

Gmail, che in dieci anni ha superato i 500 milioni di utenti, è rimasto in versione beta per quasi tre anni. Nel 2008 Google ha distribuito il browser Chrome e, per circa un anno, lo ha aggiornato ogni sei settimane con i suggerimenti degli utilizzatori. “Oggi, grazie a questo approccio, Chrome è il browser più diffuso in molti paesi“, dice Kallayil.

Certo, non in tutti gli ambiti è così agevole lanciare un prodotto e poi aggiornarlo; è molto importante, però, non cedere alla “tentazione della perfezione”.

Trovo molto stimolante l’esortazione di Napoleon Hill: “Inizia ovunque ti trovi, con qualsiasi mezzo hai a disposizione: mezzi migliori li troverai lungo il cammino”.

Spunti di riflessione:
– Quali prodotti o servizi innovativi potresti mettere, velocemente, sul mercato?
– Come potresti sfruttare i suggerimenti dei tuoi “clienti” per migliorare i tuoi prodotti?

6. 20% time

Concedi ai tuoi dipendenti il 20% del tempo lavorativo (quindi un giorno alla settimana) per sviluppare idee e progetti personali che ritengono utili ed appassionanti.

Un approccio molto interessante che, per la verità, Google ha mutuato da William McKnight, presidente della 3M che, negli anni 40, fu il primo ad intuirne le potenzialità.

In questo modo, in effetti, si favorisce un proliferare di “start-up” interne all’azienda che possono produrre risultati eclatanti (basti pensare ai Post-It della 3M o a Gmail, Google Maps, Ad Sense, GTalk, Google News di Google) e si stimolano la motivazione e la creatività dei dipendenti.

Christopher Mims, nel suo articolo “Google’s ‘20% time’, which brought you Gmail and AdSense, is now as good as dead”, sostiene che questa pratica sia ormai in declino, mentre Ryan Tate, dalle colonne di Wired US, afferma che “Google Couldn’t Kill 20 Percent Time Even if It Wanted To“.

Spunti di riflessione:
– Come potresti applicare il “metodo del 20%” nel tuo team o nella tua azienda?
– In quali altri modi potresti favorire la creatività dei tuoi dipendenti?

7. Default to open

Malissa Mayer esortava a condividere, nella intranet di Google, il maggior numero possibile di informazioni, per favorire la collaborazione.

Gopi Kallayil amplia ulteriormente questo approccio: “Ci sono sette miliardi di persone nel mondo … le persone più intelligenti saranno sempre al di fuori di Google”. Diventa necessario, allora, imparare ad attingere idee innovative anche all’esterno.

Il sistema operativo Android, che conta oltre 1,4 milioni di nuove attivazioni al giorno, è un classico esempio di come Google, attraverso l’open source, integri risorse e conoscenze interne ed esterne.

Uno dei segreti dei team particolarmente creativi è proprio quello di favorire una comunicazione autentica ed estemporanea, di condividere, anche con i colleghi di altri reparti, intuizioni e idee, in modo informale.

Walt Disney fu uno dei primi che, nel 1939, inserì nella nuova sede di Burbank (California) una sala “ricreativa”, accogliente e colorata, proprio per favorire la condivisione di idee e la “cross-fertilization”. Google, non a caso, è nota anche per essere una delle aziende più attente a creare spazi di lavoro inusuali, colorati e divertenti.

Spunti di riflessione:
– Come potresti creare nella tua azienda uno spazio “unconventional”, in cui le persone possano scambiarsi intuizioni e idee, magari davanti ad una tazza di caffè o di tè?
– In quali modi potresti favorire la collaborazione tra dipendenti e partner esterni all’azienda?

8. Fail well

Il fallimento a Google non viene stigmatizzato, ma rappresenta un “badge of honour”, un distintivo d’onore di cui andare fieri. “Nella nostra azienda abbiamo un motto” – confida Kallayil – “if you don’t fail often enough, you’re not trying hard enough”, se non fallisci spesso, vuol dire che non stai tentando qualcosa di sfidante.

Anche Google, sia chiaro, ha collezionato diversi insuccessi: basta ricordare Buzz, Google Wave, Google Dictionary, OpenSocial, ecc; ciò che è interessante, però, è il modo in cui sceglie di gestirli.

Quando ci accorgiamo che un progetto non funziona, lo abbandoniamo”, afferma Kallayil, “ma prendiamo le idee migliori e le riconvertiamo in un altro progetto. Google Plus, ad esempio, incorpora elementi di Google Buzz, Wave, Orkut and OpenSocial”.

Sono convinto, anche per esperienze personali, che gli insuccessi rappresentino delle preziose occasioni di verifica, di scoperta e di cambiamento. Ho proposto alcuni suggerimenti per imparare a trarre il meglio dai nostri insuccessi nel post “Come trasformare gli insuccessi in opportunità creative”.

Spunti di riflessione:
– Che cosa puoi intravedere, in questa situazione negativa, di promettente per te o per il tuo team?”,
– Quali tentativi di “fast e low cost failure” puoi sperimentare nel tuo ambito lavorativo?”

9. Have a mission that matters

Questo principio non c’era nella lista della Mayer ma, secondo Kallayil, è uno dei più importanti: “Ognuno in Google ha un forte senso della missione … siamo profondamente convinti che il lavoro che facciamo abbia un grande impatto positivo su milioni di persone.”

In occasione del terremoto (e del conseguente tsunami) che ha colpito il Giappone nel marzo del 2011, Google ha lanciato la web application “Google Person Finder“, per aiutare le vittime a trovare familiari ed amici.

Le persone che scelgono di lavorare in Google, secondo Kallayil, non lo fanno per i benefits, o per le aree comuni (rifornite di snack) o per i tavoli da ping pong, ma perché sentono di contribuire ad un progetto innovativo che mira a migliorare il mondo.

Per la verità, ogni imprenditore che fonda un’azienda, ma anche ogni gruppo di ragazzi che decide di avviare una start-up, ha una passione, ha il desiderio di risolvere, in modo efficiente e creativo, un problema, piccolo o grande, che “preoccupa” molte persone.

Spunti di riflessione:
– Qual è la missione del tuo team o della tua azienda?”,
– In che modo il tuo lavoro può avere un impatto positivo sulle persone dentro e fuori l’azienda?

Certo, non è tutt’oro quello che brilla, e anche all’interno di Google ci sono frustrazioni,  difficoltà e problemi; questi principi, comunque, rappresentano, a mio avviso, una preziosa indicazione per costruire, in ogni azienda, una cultura organizzativa dinamica e aperta all’innovazione.