Leggo con continuità tutto l’anno, ma, d’estate, mi diverto a cambiare genere: metto da parte i saggi (su creatività, cervello, lavoro in gruppo, innovazione, ecc.) e prendo in mano qualche bel romanzo. In queste settimane di vacanza, particolarmente calde, ho letto “Il libro dei Baltimore” e “La verità sul caso Harry Quebert” di Joël Dicker (giovane autore svizzero di cui ti parlerò, più dettagliatamente, tra poco). Sono due testi piuttosto voluminosi (587 pagine il primo e 775 il secondo), scritti molto bene, in un linguaggio agile e scorrevole, e con una trama originale, molto ben architettata e narrata.
“La verità sul caso Harry Quebert” racconta la storia della scomparsa di Nola, una ragazzina di quindici anni, di cui nessuno sa più nulla finché, a distanza di trentatre anni, non viene ritrovato il suo cadavere. Viene accusato, di questo omicidio, Harry Quebert, anziano docente universitario e scrittore famoso. Marcus Goldman, suo ex-allievo ed amico, è un giovane scrittore promettente, che decide di indagare per scoprire che cosa sia realmente accaduto. Il racconto, che si articola su due piani narrativi (quello del 1975, epoca della scomparsa della ragazza, e quello del 2008, il periodo in cui Goldman svolge le sue indagini) è ben articolato e regala, nel finale, alcuni colpi di scena inattesi e davvero sorprendenti.
“Il libro dei Baltimore” narra le vicende della famiglia di Marcus Goldman: i Goldman di Monclair, modesti e poco ambiziosi, e i Goldman di Baltimore, ricchi e brillanti. La storia percorre l’infanzia e l’adolescenza del protagonista, raccontando le scoperte, le amicizie, gli amori, i successi e gli insuccessi fino a quello che l’autore chiama “il giorno della tragedia”. Lo stile è sempre molto lineare, con piacevoli venature di umorismo, la trama, anche se non raffinata come quella di “La verità sul caso Harry Quebert”, ha una bella introspezione psicologica e accompagna il lettore verso il cuore delle vicende e delle relazioni interpersonali.
Sono andato a cercare, come faccio di solito, alcune informazioni sull’autore e sono emersi alcuni elementi che mi hanno incuriosito molto e che mi hanno spinto a fare alcune riflessioni.
Creatività, tenacia e romanzi
“Impara ad amare i tuoi fallimenti, Marcus, perché saranno loro a formarti. Saranno i tuoi fallimenti a dare sapore alle tue vittorie.” (La verità sul caso Harry Quebert)
La perseveranza e la tenacia sono caratteristiche distintive della maggior parte delle persone creative: ne avevo parlato nei post “I sogni di Walter: le origini” e “Tenacia e creatività: puoi ‘inventare’ la tua fortuna?” La storia di Jöel non è così diversa: decide di scrivere un romanzo, dopo oltre un anno di lavoro lo invia a diversi editori, ma tutti lo rifiutano. Non si perde d’animo, si rimette al lavoro e scrive un secondo romanzo: lo sottopone ad altri editori e, ancora una volta, lo rifiutano tutti. Dicker non si lascia abbattere dal fallimento, scrive un terzo romanzo, lo invia agli editori, ma la risposta non cambia. Decide di scrivere un quarto romanzo, perché il suo desiderio-obiettivo è di ottenere la pubblicazione, ma anche questa volta il suo scritto non viene accettato.
Tu che cosa avresti fatto al suo posto?
Dicker tiene duro e scrive un quinto romanzo che viene, di nuovo, rifiutato. Si rende conto, per fortuna, che è opportuno cambiare strategia. “Non potevo arrendermi: giurai a me stesso che avrei fatto di tutto per scrivere un romanzo che venisse accettato da una casa editrice” – ha affermato Jöel in un’intervista al Corriere delle sera – “Allora ripresi le varie lettere di rifiuto che avevo ricevuto dagli editori e raccolsi tutti i minuziosi appunti che avevo preso sui miglioramenti necessari. E mi rimisi al lavoro. Ancora e ancora. E così iniziai a scrivere il mio sesto romanzo, La verità sul caso Harry Quebert.” Il libro viene (finalmente) pubblicato e riscuote un notevole successo, viene presto tradotto in 30 lingue e vende oltre 5 milioni di copie …
– Quanta tenacia metti nei tuoi progetti personali e professionali?
– Come potresti superare il tuo approccio ordinario e imparare a sperimentare nuove strategie?
Routine creative
“Se hai dubbi su ciò che stai facendo, mettiti a correre. Corri a perdifiato, senza mai fermarti. Sentirai nascere in te la rabbia di vincere.” (La verità sul caso Harry Quebert)
Qualsiasi attività “creativa” (designer, architetto, copywriter, scrittore, grafico, musicista, ecc.) richiede metodo e disciplina: il mito dell’artista bohémien che trascorre intere giornate in attesa dell’ispirazione è, ormai, tramontato (vedi il post “Routine creative?“). Le persone più creative sono consapevoli dei loro ritmi circadiani e lavorano sfruttando al meglio le ore più produttive (dai un’occhiata a “Qual è l’ora migliore per avere idee creative?”) nelle routine quotidiane. “Ho cominciato con il jogging all’alba, adesso mi alzo sistematicamente all’alba per scrivere e lavorare” – ha rivelato Dicker nell’intervista al Corriere delle sera – “In questi ultimi mesi, il mio romanzo mi costringe a svegliarmi alle 4.30 del mattino. Adoro la sensazione speciale del cielo ancora buio, come se si superasse la notte svegliandosi prima di lei. Adoro vedere la città ancora addormentata. Ho l’impressione di rubare tempo al tempo. ”Fare sport, ascoltare la musica, leggere, chiacchierare con i colleghi sono tutte attività che favoriscono la produzione creativa. “Quando mi sento bloccato su un testo e fatico a procedere” – confida Jöel – “mi metto a scrivere a mano anziché col computer.” Scrivere a mano attiva aree del cervello completamente diverse rispetto a quelle attivate quando scriviamo al computer (come accennavo nel post “Hai un taccuino delle idee?“)
– Quali sono le ore della giornata in cui sei più produttivo?
– Quali attività (o espedienti) ti aiutano a far “decollare” la tua creatività?
Flow experience
“Quando ti viene un’idea devi impedirle di uscire, lasciarla crescere nella tua testa finché non senti che è arrivato il momento di svilupparla pienamente. Trasforma le idee in … illuminazioni.” (La verità sul caso Harry Quebert)
La “Flow experience” è uno “stato mentale” in cui i pensieri e le azioni “scorrono” in un flusso armonico, naturale e costante. Questo consente di produrre, con uno sforzo minimo, contenuti molto creativi. È ciò che accade ai musicisti jazz quando improvvisano, agli scrittori quando creano, di getto, storie e racconti, agli scienziati quando compiono una scoperta scientifica importante.Lo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi (lo so, ha un cognome quasi impronunciabile) è stato il primo a studiare questo stato di coscienza, a cui ha dato, appunto, il nome di “flow experience” (trovi maggiori informazioni nel post “Creare e realizzare idee a volontà: “flow experience”).
Anche Dicker ha confidato che, in alcune circostante, in cui stava scrivendo degli snodi cruciali del suo romanzo, ha vissuto un’esperienza di flusso. “Mi capita di farmi assorbire dal mio progetto tanto da perdere la nozione del tempo e del prossimo. Finché l’equazione non sarà risolta, non ci sarà riposo possibile, e anche se mi legassero a forza in un letto, il mio cervello continuerebbe a lavorare. E se mi costringeranno a dormire, il mio progetto lo continuerò nei sogni. È ovunque, è sempre, è incessante.”
Osservando con attenzione le modalità con cui Dicker lavora e scrive, quindi, emergono diversi elementi che favoriscono l’ideazione creativa e che, fino a questo momento, gli stanno assicurando un notevole successo.
“Un bel libro, Marcus, non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull’effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. All’incirca mezzo secondo dopo aver finito il tuo libro, dopo averne letto l’ultima parola, il lettore deve sentirsi pervaso da un’emozione potente; per un istante, deve pensare soltanto a tutte le cose che ha appena letto, riguardare la copertina e sorridere con una punta di tristezza, perché sente che quei personaggi gli mancheranno. Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito. (da “La verità sul caso Harry Quebert”).